giovedì 12 febbraio 2009

Una notte di Etna

Sentivo il bisogno di dormire sull'Etna innevata.
Capisco bene che non è uno dei bisogni più gettonati soprattutto quando si sa che si va incontro a temperature sotto la zero, al non sapere se ci sarà legna nel rifugio, alle imprevedibili tormente di neve, al "ma era megghiu ca mi stavu a casa", etc,etc...

se però un grande amico ha il tuo stesso bisogno la cosa si fa più sicura e allegra. (se poi fosse stata un'amica non nego che sarebbe stata ancora più allegra!) 
Così inizò l'infrasettiminale ascesa al rifugio Monte Palestra col buon Fabio.

La pista Altomontata è un tappeto bianco marchiato solo da regolari impronte di cani che speriamo di non incontrare. Pochi metri dopo un folto gruppo di cani è in avvicinamento.
Ci passano accanto con la disinvoltura tipica da gruppo escursionista che incontra altro gruppo escursionista: ci guardano stupiti, continuano a camminare e mi piace pensare che ci abbiamo salutato e augurato buona passeggiata.
Ovviamente sul momento ci siamo cagati sotto. Dopo l'abbiamo presa con filosofia.

Dopo il tramonto è la luna ad accompagnarci riflettendo la "sua" luce sulla neve che diventa di un azzurro meraviglioso che contrasta col buio della notte in perfetta armonia. 
Chiunque ci sia lassù di sicuro se ne intende di accoppiamenti. Io non riesco nemmeno ad accoppiare la calza nera con la nera o la blu scuro con la blu scuro. Faccio sempre ad incrocio.

In alcuni tratti dove avevamo dubbi sul fatto se fossimo ancora sul sentiero o meno ci siamo fidati delle orme degli amici escursionisti. E così anche grazie a loro arriviamo in rifugio. 

Panino, vino, pera e cioccolata e siamo pronti per la notte. 
Si scompattano i sacchiletto, si stendono i materassini e si assume la posa "mummia". Come suggerito da Fabio, avrei senza dubbio preferito il nome saccoletto modello "baco"; dalla prossima volta prima di dormire mi toccherò. 

I quasi 2000 metri ti riempiono i polmoni con di freschissima, il vento e i suoni della montagna sono le uniche cose su cui ti concentri. La città è lontata: niente clacson, urla dei vicini, sirene...

C'è un suono più forte in agguato. Fabio ha iniziato a russare. Sono certo che qualcunque creatura abbia avuto intenzione di avvicinarsi a noi sia stata messa in allarme dai suoni mostruosi che provenivano dal rifugio. Nel non prendere sonno ho considerato anche l'incidenza delle onde su possibili valanghe.

Poi ha smesso e così la mia notte col vulcano si è finalmente potuta consumare.

Ritornati sul asfalto dopo i 19 km di neve abbiamo rincontrato i cani esploratori.
Ringraziato uno di loro con un panino, li abbiamo salutati un pò invidiosi per la libertà in cui vivono.


Nessun commento: